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Renato Di Gregorio

Mario Morcellini

Edgar Morin

Silvano Del Lungo

Caterina Cittadino

Maria Mancini

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Angelo Palladino

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Conclusioni di Renato Di Gregorio

Le ipotesi di sviluppo della Ricerca

La scelta di Sperlonga

Gli altri studiosi che hanno partecipato al convegno

Il convegno del 27 di giugno ed Edgar Morin

L'accordo tra il comune di Sperlonga e l'Istituto di ricerca sulla Formazione Intervento
 
  
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Sperlonga 27 Giugno 2003
Sviluppo Locale e Formazione-Intervento
 
Conclusioni di Renato Di Gregorio

 

IMG281419.jpgIl cambiamento è in atto e la pubblica amministrazione ne è particolarmente investita. Fattori strutturali (il decentramento amministrativo) e contingenti (il nuovo assetto dei fondi strutturali) determinano l'assunzione di un ruolo importante nella guida dello sviluppo locale da parte degli enti locali.
Per sostenere l'impegno dello sviluppo e dargli il necessario respiro, si va verso un'aggregazione di enti locali. Le aggregazioni sono funzione dell'obiettivo da perseguire. A volte sono un'aggregazione di comuni (vedi il SUAP del Sud Pontino) , a volte tali aggregazioni comprendono anche le province, altre volte si estendono fino a comprendere più province (vedi R.I.S.O.).
 
L'impostazione della formazione tradizionale, quella che si richiama alla formazione professionale, non risulta efficace per sostenere e alimentare questo cambiamento che chiama in causa attori diversi e per prima i vertici delle organizzazioni pubbliche e private presenti sul territorio.
 
La formazione-intervento sembra essere una metodologia che meglio si attaglia ai nuovi bisogni di intervento a sostegno del cambiamento, soprattutto nell'ambito della Pubblica Amministrazione. Lo ha affermato il dott. Silvano Del Lungo, uno dei più anziani e saggi consulenti italiani, psicologo e tra i fondatori dell'istituto di Ricerca sulla Formazione Intervento.
 
Questa metodologia induce le persone delle diverse organizzazioni a lavorare assieme intorno a progetti interistituzionali che si vanno individuando e formulando all'interno di una strategia di sviluppo locale compatibile, condivisa dai vertici delle organizzazioni del territorio e largamente nota ai cittadini che lo vivono.
I progetti che vanno attivandosi diventano occasioni di apprendimento e di comunicazione interistituzionale. La condivisione delle ipotesi di sviluppo non restano mere dichiarazioni programmatiche o formulazioni fittizie scritte su accordi formali, ma si arricchiscono per un dibattito largo e interorganizzativo.
 
La metodologia è stata messa a punto in tanti anni di ricerca e di tentativi maturati alla luce di processi di cambiamento importanti che hanno per prima attraversato il mondo delle imprese, che ora vanno attraversando il mondo della Pubblica Amministrazione e che infine si è soffermato sulla problematica dello sviluppo locale.
 
Il promotore e il divulgatore di tale metodologia è il dott. Renato Di Gregorio che è anche il fondatore dell'Istituto di Ricerca sulla Formazione Intervento.
 
Accanto ai successi di alcune iniziative che hanno incoraggiato i partecipanti ad andare avanti sulla strada dell'impegno e della sperimentazione ci sono state delle aree di criticità che richiedono certamente approfondimento e suggeriscono ipotesi di ricerca:

  1. la modalità di erogazione dei fondi per la formazione e i sistemi e le strutture di monitoraggio e consuntivazione dei fondi utilizzati risulta limitante per l'azione che la formazione-intervento propone. Essa infatti si sviluppa molto più sul campo e segue l'evoluzione contingente del processo di cambiamento. Mentre la struttura dei fondi si allinea su un'erogazione didattica predefinita a monte e quasi tutta svolta all'interno delle aule. Scimmiotta cioè la formazione scolastica e risente dei momenti storici nei quali era utile avere i lavoratori per periodi sufficientemente lunghi in aula per sottrarli alle problematiche di ristrutturazione aziendale. La stessa formazione offerta dalla Scuola della Pubblica Amministrazione si basa su questa impostazione. Lo ha confermato il responsabile dei programmi, il dott. De Cristoforo.
  2. i vertici degli enti locali risultano i primi a dover essere formati e eppure essi si sottraggono abitualmente alle azioni formative che peraltro non sono certamente finanziate dai fondi europei e non sono soddisfatte dalle scuole di partito come qualche tempo addietro, né surrogate da una lunga esperienza politica di base. Lo ha sottolineato l'assessore Loredana Capone della provincia di Lecce che si trova a raccogliere ben 80 comuni nell'ambito del progetto R.I.S.O. E' dunque necessario trovare formule nuove per coinvolgere questa schiera così importante di attori potenziali del cambiamento.
  3. la formazione va fatta ad attori che coprono posizioni di responsabilità in organizzazioni diverse dello stesso territorio. Lo conferma la ricerca sui fabbisogni formativi dei comuni della provincia di Latina effettuata dalla STEP e raccontata dalla dott.ssa Antonella Cincioni. La committenza che alimenta e suggerisce le iniziative di formazione e indica gli obiettivi da raggiungere non è già individuata organizzativamente. Essa va dunque raccolta e resa consapevole delle proprie responsabilità. Va cercata la leadership che la tiene assieme e che si confronta con la consulenza e che non la subisce tecnicamente ne la sottomette politicamente.
  4. le ipotesi di sviluppo vanno però attentamente formulate perché c'è da interrogarsi su quale sviluppo perseguire. Lo stesso Edgar Morin ha detto di rifuggire da una parola come sviluppo perché a volte lo sviluppo economico e contrastante con lo sviluppo della qualità della vita. Egli ha detto ad esempio che il SUD che è considerato un luogo di scarso sviluppo economico ha invece un "grande riserva di potenziale di sviluppo della qualità della vita ". Su questo terreno vanno pertanto attivate procedure di consultazione sociale che portino a determinare politiche di sviluppo condivise.
  5. la progettualità è risultata essere un'esigenza trasversale e indispensabile a sostenere un processo di cambiamento; la diffusione della capacità utile ad alimentarla e a sostenerla risulta essenziale, ma è inefficace un'azione formativa che punti ad insegnare una tecnica anziché ad alimentare un processo reale di progettualità del cambiamento reale. Lo ha affermato la dott.ssa Caterina Cittadino del Dipartimento della funzione Pubblica che sta lavorando sull'applicazione dell'articolo V della Costituzione e che ha lanciato il progetto "funzionando" per gestire il processo di trasferimento delle responsabilità agli enti locali sulla scorta della loro maggiore autonomia consentita dal decentramento amministrativo.
  6. la dirigenza delle organizzazioni della Pubblica Amministrazione ha un ruolo cruciale nel sostenere i cambiamenti e accettarne le risultanze concretizzando le trasformazioni suggerite. Purtroppo sono spesso distratti dalle incombenze operative e dalle pressioni della struttura politica, limitati nel loro pure potenziale desiderio di guardare ai fabbisogni del territorio e invece costretti ad occuparsi del funzionamento dei servizi, e spesso indotti a coprire posizioni dei propri collaboratori per far fronte alle carenze di organico, esposti al pericolo sempre incombente di perdere l'incarico ad opera del "politico" a cui riferisce. Lo conferma l'esperienza maturata presso il Comune di Roma e raccontata da Giacinto Matarazzo.
  7. il cambiamento culturale va però perseguito financo e forse propedeuticamente all'interno della Scuola ed in particolare all'interno dell'università. E' qui che si formano e si radicalizzano i comportamenti che segmentano la conoscenza e abituano le persone a subire le conoscenze altrui (quelle dei docenti) . In queste strutture vanno invece alimentate le competenze progettuali e allenate le potenzialità creatrici, le sensibilità critiche. Lo ha detto la dott.ssa Maria Mancini che ha riportata l'esperienza in corso di maturazione da due anni presso l'università di Cassino.
Questi temi hanno costituito una base condivisa di problematiche che i partecipanti si sono impegnati ad affrontare.
 


 

 
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