Il primo incontro lo si è tenuto il 27 di giugno presso l'auditorium del CONI di Formia. Ospite d'onore del convegno è stato il famoso sociologo francese: Edgar Morin. Un "fondatore", lo ha chiamato il prof. Mario Morcellini direttore del Dipartimento della comunicazione dell'università La Sapienza di Roma che lo ha presentato. Egli è infatti il padre di una teoria che punta al superamento delle differenze tra le conoscenze, che auspica l'integrazione dei saperi e la visione "sistemica" dei fenomeni. Egli è uno studioso che ci sollecita a guardare contemporaneamente l'uomo come parte dell'universo e l'ambiente come elemento di vita, chiedendoci di rifuggire da quelle teorie che vogliono immaginare l'uomo come il forgiatore dell'universo, come l'essere che piega la natura ai propri bisogni. I suoi insegnamenti sono del tutto coerenti con quello che si intende promuovere a livello locale per fare in modo che le diverse componenti organizzative che si animano su un territorio decidano di lavorare assieme e integrare le loro azioni in modo armonico, cooperativo e propositivo, ma anche in modo rispettoso dell'ambiente che ne contiene l'agire. Edgar Morin, un uomo che ha oltrepassato gli ottanta anni, ( è nato nel 1921) , ma che trova ancora un sorriso per tutti coloro che gli si avvicinano, e che soprattutto quando parla trova l'energia vitale per raccontare, per incitare, per trasferire i suoi pensieri, il suo modo per vedere l'operato dell'umanità, per criticarne le debolezze, per valorizzarne le potenzialità, per incitarne la creatività. In alcuni momenti la sua voce, ormai flebile, si alza, i suoi occhi brillano, le sue mani si alzano per accompagnare le immagini del suo discorso, il suo corpo, un po' piegato, si erge e si impone. Si vede e si sente che ha dentro tanta energia, che è un fervore interno, oramai interno, conservato con sempre maggiore pudicizia. Non ha voglia più di dire, non ha voglia di rilasciare interviste, di essere un uomo pubblico. Ha solo voglia di vivere ancora, semplicemente, con i sandali ai piedi, con un vestito comodo, con i suoi appunti vergati con la stilografica su foglietti piccoli e bianchi che gli servono per rammentare ciò che dirà. Ha voglia di parlare quando sente altra voglia intorno a sè, quella di ascoltare. Il suo in fondo è un gesto d'amore…regala quello che ha pensato, quello che ha sentito, quello che ha amato e in cui ha creduto, ….regala se stesso. E la sua parola vola, unisce lingue diverse nel tentativo comunque di parlare a un pubblico italiano,ma dentro c'è un po' di francese, di spagnolo, di latino. La sua parola tocca temi semplici ma universali: parla delle istituzioni, dell'educazione, della vita, dell'etica, dice che vanno riformate e adattate all'uomo. Un uomo che non può essere solo mosso da ragioni economiche (homo economicus) ma che deve compatibilizzare questo aspetto con il suo essere sociale e le sue caratteristiche biologiche. "Vede"- qualcuno gli dice - "questo è un territorio particolare, qui ci sono diversi comuni che si stanno unendo per organizzare un servizio comune..." Lui lo ferma e dice: "io parlerò in generale"... Si vede che Morin oramai è centrato su un approccio universale; è alla ricerca di significati di fondo della vita e dell'umanità, in una logica cosmica in cui l'individuo costituisce una particella di un sistema di una complessità molto maggiore di cui è interprete. Il territorio del Sud Pontino lo interessa, ma nella misura in cui gli consenta di rivedere "in piccolo" ciò che la sua visuale dell'universo già gli indica come necessario, di commentare con "un gruppo di persone" i fattori del cambiamento in cui l'intera umanità comunque è coinvolta. Nel territorio si tratta di abbattere la cultura del campanile e integrare gli interessi delle diverse organizzazioni, distogliere l'essere umano dall'egoismo, nel mondo si tratta di abbattere i muri dell'ideologia, sventare le dittature di destra e di sinistra, combattere le globalizzazioni che alimentano il consumismo e lo spreco che esso determina. Insomma una bella lezione di vita!
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