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Obiettivo del Convegno

Programma

Domenico De Masi

Massimo Silvestri

Andrea Pala

Caterina Cittadino

Maria A. Mancini

Silvano Del Lungo

Ivetta Ivaldi

Renato Di Gregorio

Gli impegni post Convegno
 
  
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Sperlonga 26 Ottobre 2004
Formazione-Intervento e Innovazione Organizzativa per lo Sviluppo Locale (le figure del cambiamento)
 
Ivetta Ivaldi

 
La leadership nei progetti di cambiamento
 
 
Per ottenere un cambiamento significativo nei modi di lavorare o di vivere bisogna pensare molto. Bisogna analizzare ciò che si è, ciò che si ha e ciò che si vuole.  Bisogna  riverificare gli obiettivi e capire come si possono raggiungere, giacché il metodo che si utilizza caratterizza il risultato. “La metodologia non è uno strumento qualsiasi per un obiettivo qualsiasi… tra l’uno e l’altra ci deve essere una ben precisa congruenza”(S.E.Uccelli, 1978, p 21).
Tutto questo è insolito nella pratica quotidiana odierna, caratterizzata dall’idea che si debba decidere rapidamente per essere efficienti e che l’approfondimento di un tema consista nella raccolta veloce di dati e informazioni. “La conoscenza delle informazioni o dei dati isolati è insufficiente. Bisogna  porre informazioni e dati nel loro contesto perché prendano senso”(E.Morin, 2001, p 36). In genere invece la progettazione di cambiamenti rilevanti per la vita e il benessere di molte persone vengono affrontati  da chi ne ha la responsabilità come un processo tecnico che garantisce comunque risultati desiderabili. Di fatto vi è  una scarsa attitudine a riflettere e a discutere sugli obiettivi in relazione ad un contesto e alla complessità che lo determina. Ci si aspetta che una organizzazione, una società  o un ente realizzino progetti, compiano scelte e stabiliscano obiettivi. Ci si aspetta che architetti,  ingegneri, designers offrano le loro competenze alla realizzazione di progetti. Eppure l’idea di complessità, delle variabili da considerare, della dimensione sistemica in cui si opera o in cui ci si colloca viene considerata nella maggiorparte dei casi con scarsa attenzione anche da chi è delegato a progettare.
La metodologia  della formazione intervento è stata elaborata in modo da portare chi la utilizza a cogliere le problematiche della complessità presente nel nostro  contesto storico e in quello che stiamo creando con l’innovazione. Consente altresì di sviluppare con consapevolezza nuovi ruoli finalizzati al  raggiungimento di quei cambiamenti sistemici, culturali ed etici  cui di fatto sempre più si aspira.
La dimensione sistemica che questo approccio al cambiamento consente è anche una impostazione del suo ideatore. Renato Di Gregorio  trasferisce infatti negli interventi che realizza una profonda conoscenza ed esperienza di organizzazione e gestione di realtà produttive e di servizi che si trasforma nel territorio in strategie di sviluppo e ipotesi di innovazione che rispondono anche alle esigenze di efficacia, benessere e qualità dell’ergonomia, alle attese per la responsabilità sociale delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la promozione della cittadinanza attiva. 
 
Se consideriamo in particolare il cambiamento in atto nella Pubblica Amministrazione vediamo che coinvolge, come operatori o come utenti, la totalità delle persone.  La trasformazione complessiva verso cui siamo avviati avrà effetti diretti o indiretti su tutti gli aspetti della nostra vita,  ma ciò che colpisce soprattutto in questa fase è il cambiamento nei sistemi di comunicazione  e di informazione rivolti al cittadino attraverso le applicazioni che consentono le nuove tecnologie.
Questo cambiamento, su cui molto si è già lavorato con risultati non sempre soddisfacenti, poggia tuttavia su una condizione che rappresenta anch’essa un cambiamento rilevante sul piano dell’identità e del comportamento dei soggetti interessati (in un modo o nell’altro tutti).  Si tratta in questo caso di un cambiamento culturale rilevante perché si chiede alle strutture che hanno pur sempre amministrato il potere verso cittadini/sudditi di divenire strutture di gestione di servizi per cittadini/utenti in un periodo in cui la soddisfazione degli utenti/clienti diviene un dovere per le organizzazioni.   Deve essere ridisegnata  dunque l’organizzazione del  invertiti rispetto a ciò che sino ad ora è stato praticato. 
E’ bene notare che questo cambiamento culturale si accompagna ad una visione del sociale più moderna, o postmoderna come ormai si dice della nostra società, in cui le istituzioni, in primo luogo quelle pubbliche, ritengono di dover valorizzare ogni persona, come utente e anche come lavoratore. e rispettarne salute e dignità.  Sarebbe interessante approfondire i molti passaggi di convinzioni e comportamenti che ci hanno portato a cercare di rendere possibili giuridicamente ma anche sul piano organizzativo queste intenzioni, che rappresentano dunque anch’esse una parte importante nella scelta dei metodi del cambiamento.
Il fatto che vi sia questa tendenza non significa che nel sentire quotidiano e nei comportamenti della maggiorparte delle persone questi concetti si siano trasformati in modi di agire e di interagire. Ma questo non è avvenuto anche perchè le stesse strutture non trovano facilmente la strada per trasformare ruoli e organizzazione.
Quello di cui parliamo non è un cambiamento tout court, qualcosa che viene a sostituire la modalità di lavoro che lo precedeva, un software che ne sostituisce un altro o un sistema informativo informatizzato che ne sostituisce uno  che non lo era. Si tratta di ripensare finalità e rapporti, organizzare il lavoro e le interazioni in un contesto in cui l’organizzazione non aveva rilevanza, non era uno strumento per gestire ma solo ciò che derivava dall’applicazione di leggi e regolamenti.
Per ottenere un risultato di questo genere è necessario predisporre un percorso e usare un metodo per affrontarlo, e penso che la formazione intervento sia un ottimo esempio di come si può affrontare una trasformazione di questo tipo integrando diverse modi di formazione, a cominciare dalla consapevolezza condivisa degli obiettivi fino alla riprogettazione di organizzazione  e ruoli e alla creazione  di nuovi ruoli strategici per lo sviluppo.
In questo percorso sono molto importanti i ruoli guida, quelli che devono avere ben presenti risultati attesi e difficoltà da superare per fare in modo che eventi di tanta complessità vadano a buon fine.
 
 
Di recente è stato potenziato nell’organizzazione aziendale, come ruolo strategico per lo sviluppo di prodotti o servizi, il project management.  Una delle osservazioni che si possono fare sull’importanza di questo ruolo riguarda  la capacità di gestire diversi ordini di problemi che, di fatto, rappresentano la complessità delle situazioni, previste e non, che attraversa un gruppo di lavoro incaricato della realizzazione di un progetto. “Quando i gruppi e le organizzazioni si sviluppano, si vengono a creare degli importanti problemi emotivi relativi alla dipendenza dal leader, alle relazioni tra pari e al modo di lavorare. La leadership è necessaria in ognuna di queste fasi dello sviluppo del gruppo per aiutarlo a identificare i problemi e ad affrontarli”(E.H.Schein, 1990, p 302). L’interesse per questa figura è indicativo della consapevolezza crescente dell’importanza del ruolo progettuale in una dimensione di cambiamento, del valore delle conoscenze che si sviluppano in un processo innovativo e della necessità di condividerle. Si dice anche che il project manager sia un primus inter pares perché tutti i membri di un gruppo di progettazione sono progettisti e contribuiscono a definire e valorizzare il percorso necessario per il raggiungimento degli obiettivi.  Questa è una delle caratteristiche della formazione intervento:  per i responsabili la conoscenza approfondita di tutti gli aspetti dell’innovazione da progettare e la possibilità per tutti gli interessati di imparare a progettare il contesto in cui operano e  il loro stesso ruolo per poter cogliere la dimensione più ampia in cui si inseriscono le attività e l’ampio raggio di ricaduta di ciascuna scelta cui si pervenga.
Questo metodo tende a coinvolgere progressivamente in un ripensamento del ruolo e degli obiettivi tutte le professionalità presenti nel contesto in cui si progetta l’innovazione, a cominciare dai vertici che proprio per la leadership che la posizione richiede si trovano ad essere determinanti per il successo dell’intervento.  Si tratta di ruoli strategici che nelle strutture pubbliche, in particolare negli enti locali, sono in primo luogo  politici e in secondo luogo manageriali.
La dimensione del cambiamento coinvolge direttamente elementi che possono sembrare soprattutto tecnici, come appunto il lavoro organizzato, l’inquadramento delle figure professionali, i nuovi sistemi comunicativi. Si tratta invece di potenziare con modi adeguati di formazione intervento in primo luogo i ruoli manageriali per far sì che si impegnino con maggiore consapevolezza nella valorizzazione delle risorse disponibili e nella progettazione di nuovi contesti operativi. Ma il primo impegno riguarda la scelta delle strategie e dell’indirizzo da dare all’innovazione e questo è un compito che riguarda necessariamente i vertici politici, in particolare negli enti locali in cui ormai il rapporto con i cittadini prelude ad un maggiore confronto e rende possibili valutazioni più precise che in passato.
Questo è il livello di leadearship più rilevante perché le strategie scelte con una non sufficiente consapevolezza del valore di ciò che si inizia o degli effetti di ricaduta che si avranno possono da un lato non cogliere l’obiettivo di innovazione, che deve comunque essere perseguito, e dall’altro creare problemi di immagine e difficoltà nei rapporti con le altre strutture del territorio, molto poco desiderabili per un politico. La condivisione strategica che è richiesta da un processo di formazione intervento può avere al contrario risultati desiderabili perché ha un effetto formativo sull’amministratore che attraverso workshop di approfondimento del progetto che propone aumenta la consapevolezza della qualità e dell’entità dei problemi da affrontare e quindi diviene più padrone della situazione. Inoltre in questo modo coinvolge collaboratori e utenti, che a loro volta conosceranno direttamente il cambiamento da affrontare e riusciranno a farlo divenire anche un loro progetto. Il problema del consenso o della resistenza al cambiamento diviene una fase di studio non una difficoltà che impegna la nuova realtà  quando dovrà essere portata a regime.
Va detto inoltre che in questo modo si instaura una leadership più soddisfacente e significativa per gli amministratori dal momento che nasce un rapporto di maggiore comprensione e integrazione con la struttura guidata. Leadership di fatto non è  l’assunzione di un ruolo di potere conseguito che consente di esercitare una delega. La condivisione strategica appartiene ad un concetto di leadership per cui il leader è un  punto di riferimento per  i collaboratori, che non sono esecutori di ordini ma soggetti che condividono le ragioni e i metodi usati per ciò che contribuiscono a realizzare.
A loro volta i managers della Pubblica Amministrazione che sono direttamente responsabili della realizzazione pratica delle strategie e che si trovano a gestire una innovazione molto complessa con pochi strumenti organizzativi nella loro cultura gestionale, possono trovare nella metodologia della formazione intervento  un sostegno per la loro leadership nell’ambito della struttura. I project work sono di fatto strumenti di sviluppo organizzativo  elaborato  con le conoscenze e l’esperienza dei collaboratori,  che anticipano nel progetto le problematiche che dovranno affrontare in seguito  nella quotidianità del lavoro e dei rapporti. Inoltre potranno contare su collaboratori  formati ad una visione sistemica del lavoro e quindi competenti e consapevoli non solo della loro specifica attività. La metodologia diviene uno strumento di gestione  dei problemi nuovi da affrontare e pone il manager in condizione di possedere un metodo di leadership efficace rispetto ai risultati in ogni situazione.
Anche i ruoli tecnici vengono potenziati dal punto di vista progettuale e  comunicativo.  La creazione di gruppi di lavoro che riuniscono diverse competenze presenti all’interno della struttura prevede infatti un forte impegno per la partecipazione in modo da coinvolgere nella gestione del cambiamento e nella realizzazione delle sue fasi molti ruoli che con metodologie diverse sarebbero rimasti in attesa di soluzioni elaborate da altri.  Lavorare in modo partecipativo è un garanzia per la qualità dei risultati e per la soddisfazione delle persone. …“la filosofia della partecipazione ha dimostrato la sua validità anche nei riguardi dei soggetti di più elevato livello culturale e professionale. Il metodo della partecipazione è risultato applicabile a tutti i livelli, dal dirigente al tecnico progettista, ai soggetti che operano nelle organizzazioni in generale”(F.Spairani, 2001, p 114). Ma bisogna appunto avere un buon metodo per promuoverla e sostenerla.
 
 
Non si è ancora parlato di un ruolo determinante nella realizzazione di un processo di formazione intervento e cioè quello della consulenza. Il ruolo della consulenza è strategico in qualunque situazione. Ad esempio quando un’organizzazione si rivolge a una società di consulenza o ad un esperto lo  fa per avere suggerimenti per problemi di gestione o innovazione, o suggestioni per la proprie strategie, ma anche per giustificare con un contributo di qualità scelte difficili da sostenere dall’interno.
Nel caso della formazione intervento la consulenza oltre a dare l’impostazione metodologica ad ogni fase di lavoro supporta con una presenza attenta le difficoltà che nascono dalla complessità dell’innovazione, valuta la qualità dei risultati in rapporto alla specificità del contesto, partecipa all’elaborazione di strategie di sviluppo e di interazione tra organizzazioni. In effetti la sequenza di fasi che propone è lineare, apparentemente semplice, ma deve supportare un coinvolgimento molto impegnativo.
La consulenza nella Pubblica Amministrazione opera a diversi livelli, dagli amministratori che sono interessati alle strategie ai managers che devono porle in atto e ai gruppi che progettano l’innovazione. Ha  un ruolo di leadership delicato e importante perché vengono sviluppate attitudini e rapporti nuovi, difficili da contestualizzare e da sperimentare, che hanno la necessità di un solido punto di riferimento per incertezze e conflitti che possono nascere strada facendo. Bisogna affrontare in modo efficace problemi complessi dal punto di vista tecnico, individuare i bisogni reali e le soluzioni adeguate, ma si deve anche fare in modo che le persone abbiano chiaro il processo e possano contribuire alle scelte. “La progettazione partecipata si sviluppa attraverso un itinerario che è al tempo stesso di ricerca di una soluzione e di maturazione dell’apprendimento sulla tematica scelta, e su cui sviluppare un progetto per ricercare la soluzione”(R.Di Gregorio, 2005, p 32).
I problemi umani non possono che essere complessi come lo sono le strutture e le modalità operative nate nel tempo con caratteristiche rispondenti ad altri bisogni che devono essere ripensate con criteri anche molto diversi per rispondere alle esigenze di oggi e del futuro che cerchiamo di realizzare.  A questo proposito si può osservare come nel cambiamento che si sta cercando di realizzare, in particolare nella Pubblica Amministrazione, vi sia una intenzionalità, in parte espressa e in parte sottesa, rispetto alla qualità degli obiettivi da raggiungere . Si intende ottenere miglioramenti sul piano della funzionalità e della semplificazione ma anche soddisfazione e benessere per i cittadini, fruitori o dipendenti che siano. Questa impostazione contiene anche intenzioni e suggestioni per la difesa dell’ambiente, la valorizzazione del territorio, la cittadinanza attiva. E’ importante che i metodi utilizzati per rinnovare modalità operative e culturali siano orientati, come la formazione intervento, a creare i presupposti per l’interesse e la disponibilità verso questo futuro possibile.
“E’ necessario imparare che è la partecipazione impegnata nella vita della nostra comunità … ciò che definisce la nostra memoria, così essenziale affinchè la vita non ci sfugga attraverso le dita. E soprattutto occorre imparare che per creare la prospettiva di futuro che dà il senso alla nostra vita è necessario camminare verso l’utopia, questo non luogo intangibile ma la cui tangibilità realizzata nella costruzione di ogni giorno. alimenta e muove il mondo”(H.Mattar, 2002, p. 37).
 

 
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