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Obiettivo del Convegno

Programma

Domenico De Masi

Massimo Silvestri

Andrea Pala

Caterina Cittadino

Maria A. Mancini

Silvano Del Lungo

Ivetta Ivaldi

Renato Di Gregorio

Gli impegni post Convegno
 
  
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Sperlonga 26 Ottobre 2004
Formazione-Intervento e Innovazione Organizzativa per lo Sviluppo Locale (le figure del cambiamento)
 
Domenico De Masi

 

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Creatività, innovazione, progettazione partecipata e figure di riferimento per promuoverle e sostenerle
 
Per trattare il tema dello sviluppo è necessario analizzare il movimento complessivo della società attuale.
 
Usciamo da una fase durata un paio di secoli (fine Settecento - metà Novecento) nella quale la società è stata prevalentemente industriale. L’epicentro del sistema consisteva nella produzione in grandi serie di beni materiali. Il potere era passato dalle mani dei proprietari terrieri a quelle dei proprietari di mezzi di produzione. Era potente chi possedeva fabbriche.
La modalità completamente nuova di produrre comportò anche una modalità completamente nuova di vivere. Nelle città industrializzate il lavoro in fabbrica modificò completamente abitudini e ritmi di vita. Nei contesti non industrializzati cominciò subito la corsa all’industrializzazione.
L’ampiezza del fenomeno è attestata anche da un grande meridionalista, Francesco Saverio Nitti, che nel 1904 pubblicò un’opera importantissima, “Napoli e la questione meridionale”, in cui tutto lo sviluppo di Napoli era proposto appunto in chiave industriale. Da quel libro nacque la legge speciale su Napoli del 1905 e, sulla scorta di questa, l’Ente Volturno per la produzione di energia elettrica, e l’ILVA, il più grande stabilimento siderurgico italiano, inaugurato nel 1909.
 
Questa società industriale, nata a cavallo di illuminismo e colonialismo, era completamente nuova per gli esseri umani e indubbiamente in molti paesi significò un miglioramento straordinario della vita. Ad attestarlo intervengono le cifre. Quando l’industrializzazione cominciò, il pianeta aveva 600.000.000 di abitanti. Nella seconda metà del Novecento la cifra era aumentata di dieci volte, e la terra era arrivata a contare 6.000.000.000 di abitanti. La vita media era passata nei nostri paesi da 35 a 75 anni. Furono due secoli di eccezionale sconvolgimento, attraversati da grandi rivoluzioni, come quella francese, inglese, sovietica, e da due guerre mondiali. Nel movimento complessivo, gli aspetti di miglioramento furono indubbiamente prevalenti.
 
Nell’arco di questi due secoli, la società industriale ha prodotto e fatto propri alcuni valori, di cui il mondo è impregnato:
§      la standardizzazione, per cui si preferisce produrre a basso costo una serie di prodotti tutti uguali, più che pochi prodotti di qualità a costo elevato;
§      la specializzazione spinta;
§      la sincronizzazione di tutti i momenti della vita;
§      l’etica del lavoro, valore estremamente radicato, che fa del lavoro stesso un dovere morale, religioso, civile (è il lavoro che rende cittadini);
§      per conseguenza l’ostentazione del lavoro, per cui sembra che ciò che distingue una persona da un’altra, qualificandola, è appunto la professione che svolge.
 
Tutto questo è stato messo profondamente in crisi da una nuova rivoluzione, iniziata dopo la seconda guerra mondiale, e ormai praticamente compiuta, quella che viene definita rivoluzione postindustriale. Il problema che si pone ora è quello di rimodulare il nostro modello di vita sulla base dei valori proposti dalla nuova società, figlia di questa rivoluzione.
 
Il mio primo libro sulla società postindustriale uscì nel 1975 e urtò chi vedeva nella trattazione di questo tema un supporto offerto all’idea della fine della classe operaia. In realtà questa fine era già prefigurata dalla scolarizzazione crescente, e voluta dagli stessi operai che, promuovendo l’istruzione delle nuove generazioni, evitavano di fatto il perpetuarsi della classe operaia stessa.
 
Ma cos’è in effetti la società postindustriale?
È una società in cui l’epicentro del sistema non è costituito dalla produzione in grandi serie di beni materiali, ma dalla produzione di massa di beni immateriali. Quando si parla di beni immateriali ci si riferisce ad informazioni, simboli, valori, estetica. Di questa nuova tendenza c’è una consapevolezza ormai generalizzata.
Se prima erano considerate affermate le persone impegnate nella produzione di beni materiali, ora l’affermazione sociale passa attraverso le nuove attività di produzione di beni immateriali.
Questo passaggio è senza dubbio positivo, in considerazione del fatto che l’uomo è costituito soprattutto di cervello. Il lavoro fisico pesante, infatti, è stato sempre sentito dall’uomo come uno svilimento, tanto che per renderlo accettabile sono state necessarie forme di coercizione vera e propria, come la schiavitù, o imposizioni di vincoli di dovere morale e religioso. L’essere umano ha sempre preferito il lavoro intellettuale, e chi ha avuto opportunità e facoltà di dedicarvisi è stato sempre ritenuto di rango superiore rispetto agli altri. Ora il cambiamento della società ha reso possibile delegare il lavoro fisico alle macchine, sviluppando anche la tendenza a delegarlo ai lavoratori del Terzo Mondo, o in loco o, attraverso l’immigrazione, nei nostri paesi. Ciò consente all’uomo di dedicarsi molto di più ad attività di tipo immateriale.
 
È bene analizzare quali siano le cause della rivoluzione postindustriale.
Il progresso tecnologico senza dubbio, poi lo sviluppo organizzativo, la globalizzazione, la scolarizzazione di massa, i mass media, e quella forma nuova di comunicazione che è veloce come i mass media ma soggettiva come i rapporti interpersonali, qual è internet.
È stato dunque un insieme di fattori creati dalla società industriale a dar vita alla società postindustriale, nella quale ci troviamo. Questi cambiamenti sono stati estremamente veloci.
L’uomo è indubbiamente abituato a grossi mutamenti, che però avvengono in unità temporali sovramultiple della vita umana. Per imparare a camminare eretto ad esempio, l’uomo ha impiegato milioni di anni, molto più di una vita umana. Ora i mutamenti sono sottomultipli della vita umana, con tendenza a diventare sempre più rapidi e il cervello fa fatica ad adattarsi. Si genera dunque ciò che gli antropologi definiscono “cultural gap”, che significa che, non avendo ancora l’attrezzatura mentale per gestire la novità, l’uomo tende a gestire le cose nuove con la mentalità vecchia. Questo espediente si rivela controproducente.
In realtà è assolutamente necessario prendere atto delle novità portate dal postindustriale, considerando anche che queste si rivelano generalmente positive per lo sviluppo territoriale italiano. L’uomo sta però facendo di tutto per snaturare questi vantaggi del postindustriale, trasformandoli in grandi iatture per l’umanità stessa.
Il primo indubbio vantaggio della società postindustriale è la longevità. La società invece si sta organizzando a livello sociale in modo tale che vivere di più, per i costi maggiori che comporta per lo Stato, è quasi negativo. Basterebbe invece modificare l’età di pensionamento poiché che è stata definita nel 1923 in considerazione di una vita media molto più breve di quella attuale, e di un lavoro logorante, quale quello fisico, un tempo prevalente.
L’aumento della durata della vita media ha prodotto un aumento del numero di persone che godono di un’età, per cultural gap definita “vecchiaia”, certamente inedita per la consuetudine umana. Per questo motivo la società non sa trarre vantaggio dagli anni in più guadagnati, lasciandoli completamente inutilizzati.
Altro grande vantaggio della società postindustriale la riduzione delle ore di lavoro, dovuto ad una ridistribuzione dello stesso. Questa si è resa necessaria in seguito all’impiego massiccio della tecnologia e all’ingresso nel mondo del lavoro di donne, disabili, immigrati. In Italia nel 1901 si lavorava in media 3150 ore, a fronte delle 1750 di oggi. Si verifica dunque quel fenomeno che gli Americani chiamano jobless growth (sviluppo senza lavoro), negativo solo nel momento in cui la distribuzione del lavoro non è equamente organizzata a livello sociale. Occorre sicuramente un po’ di tempo perché aumenti la consapevolezza e si rafforzi la capacità di incidere sull’organizzazione sociale.
Se aumenta il tempo di vita e si riduce il tempo di lavoro, inevitabilmente si produce un aumento del tempo libero, terza conseguenza dell’età postindustriale, che modifica tutto il piano socio-economico.
Il mutamento intervenuto è palese se si considera che nel libro del 1904 Nitti, analizzando tutte le possibilità di sviluppo per Napoli, escludeva immediatamente il turismo come non proficuo. Ciò è ovvio, se si pensa che nel 1904 a Napoli arrivavano circa 2500 persone l’anno, che sono quelle che ora in mezza giornata arrivano all’aeroporto di Napoli.
La situazione venutasi a creare rappresenta un’opportunità estremamente favorevole per il Sud, che a suo tempo non ha saputo cogliere le possibilità dello sviluppo industriale. Ciò non è stato del tutto negativo, perché ha permesso al meridione di preservare il patrimonio naturale dai danni che un’industrializzazione selvaggia avrebbe inevitabilmente arrecato.
Un’altra conseguenza della società postindustriale è stata l’affermazione di nuovi valori che stanno modificando il nostro modo di vita.
Primo fra tutti l’intellettualizzazione del lavoro. Quando Marx scrisse “Il Capitale”, a Manchester il 96% della popolazione attiva era costituita da operai. Oggi gli operai in America sono il 13%, da noi il 16%. L’importanza dell’intellettualizzazione del lavoro è anche data dal fatto che il lavoro intellettuale si può destrutturare, cioè può essere svolto ovunque, soprattutto con l’ausilio della virtualità, laddove invece il lavoro manuale può essere svolto solo nella fabbrica, dove si trova l’attrezzatura necessaria.
Nell’ambito del lavoro intellettuale, la dote maggiormente apprezzata è senza dubbio la creatività.
Un altro valore importante è l’etica, a maggior ragione in una società di servizi dove è fondamentale l’affidabilità. L’etica diventa dunque un valore non più morale ma pratico, perché per i servizi ci si rivolgerà sempre più a quelle aziende o professionalità considerate affidabili. Il passaggio dal commercio all’e-commerce (commercio tramite internet), ad esempio, ha determinato un aumento esponenziale di affari da parte proprio delle aziende riconosciute come affidabili.
Accanto all’etica, valore fondamentale è diventato l’estetica. L’affermazione dell’estetica come valore dominante è dovuta in parte al fatto che la tecnologia ha quasi in ogni campo raggiunto il massimo delle prestazioni possibili, producendo spesso oggetti molto più efficienti di quanto è necessario per le comuni esigenze. La differenza tra un prodotto e l’altro, dunque, non è più determinata dalle prestazioni, ormai similari per tutti, ma dal design. La competizione tra automobili, aerei, orologi è infatti tutta basata sul design.
Che anche l’uomo stia perseguendo sempre di più questo valore è evidente considerando la cura attuale che si dedica all’aspetto fisico, assolutamente impensabile qualche tempo fa.
Altro valore portato dalla rivoluzione postindustriale è la soggettività. La società industriale funzionava tutta per blocchi, grandi collettivi. Oggi ognuno vuole essere considerato in quanto persona singola.
Non è un caso che la società attuale veda l’affermazione degli estremismi. Mentre il mondo era concentrato sul conflitto palese fra USA e URSS, si stava creando un’altra grande spaccatura, quella tra oriente ed occidente, basata anch’essa su estremismi. Mentre, però, l’estremista occidentale è un estremista nel consumo, quello orientale lo è nella religione, sacrificando anche la vita in nome di questa. È di fatto una lotta fra due fazioni assolutamente irriducibili, fra chi ricerca il paradiso in terra e chi in cielo.
Tra l’estremismo americano, basato sul fondamentalismo consumista, e quello arabo, basato sul fondamentalismo religioso, si afferma un modello latino che, pur avendo tanti difetti, è essenzialmente basato sull’allegria, sull’erotismo, sull’accoglienza, sulla solidarietà, sulla bellezza, valori tipici e caratteristici del nostro centro-sud.
 
All’interno di questo quadro disegnato dalla rivoluzione postindustriale, il contesto nel quale opera l’ente locale è per molti versi assolutamente favorevole, ed è necessario, per le nostre realtà centro-meridionali, cogliere al volo le opportunità offerte.
 
Che cosa dunque caratterizzerebbe lo sviluppo locale se si cogliessero le opportunità che il contesto postindustriale fornisce?
Aree territoriali come il litorale campano o quello pontino hanno potenzialità immense. Questo perché circa 900.000.000 di persone ogni anno desiderano trascorrere i loro trenta o quaranta giorni di ferie in posti piacevoli. Il problema dunque non è nella domanda, che è ampia e diffusa. Il problema è selezionare la domanda in funzione delle specifiche esigenze. Per fortuna nel settore turistico è l’offerta che determina la domanda. Se si offre rock si seleziona un turismo giovane armato di sacco a pelo, se si offre musica sinfonica si sceglie un pubblico adulto che cerca pace e tranquillità.
L’Italia nel suo complesso ha la fortuna di essere uno dei pochi paesi al mondo in grado di offrire pacchetti completi all’elite di quei 900.000.000 di turisti.
Il 10% circa di tutti questi turisti ha un reddito superiore a 400.000.000 di vecchie lire e una scolarizzazione superiore. Un turista colto e dalla ampie possibilità economiche vuole mare pulito e ben attrezzato, cultura con monumenti e musei, concerti e spettacoli di qualità, cucina genuina, accoglienza cordiale, ma non invadente. È disposto dunque a spendere in cambio di un servizio globale di qualità.
 
Certamente il turismo da solo non può bastare per lo sviluppo. Occorre necessariamente un’economia mista. Ma è anche vero che il turismo porta con sé tante altre attività, considerando che, ad esempio, viene alimentato dall’agricoltura, perché prodotti tipici di qualità rappresentano certamente un incentivo per il turista. L’economia di mercato premia in questo senso la qualità.
Il mix di attività che strutturano l’economia mista di un luogo dipende strettamente da caratteristiche e vocazioni specifiche del territorio. In questo interviene il genius loci, che sicuramente è supportato e valorizzato dalla genialità imprenditoriale propria di singoli individui.
 
I soggetti che operano in un luogo possono essere classificati come:
Insider, persone, cioè, che vivono stabilmente in un luogo. Prima fra tutti la popolazione, che spesso è il grande ostacolo al turismo. Per istallare una fabbrica non c’è bisogno della collaborazione della popolazione, come invece è necessario per tutte le attività turistiche. In questo senso la cultura locale e l’atteggiamento della popolazione diventano fattori essenziali per determinare lo sviluppo di attività turistiche, quasi sempre penalizzato invece dai contrasti politici che a livello locale possono assumere forme di faziosità eccessiva ed ottusa. Tra gli insider si annoverano anche le autorità locali, la chiesa e gli operatori economici del luogo, che influenzano ampiamente, in senso positivo o negativo, lo sviluppo turistico.
 
Bisogna comunque tener conto che è molto più facile sviluppare un territorio con le attività industriali che con quelle postindustriali. Nell’organizzazione di importanti attività artistiche e culturali, infatti, i problemi da affrontare sono tanti in quanto non è possibile una “manutenzione preventiva”, tipica invece della fabbrica. Vige l’imprevisto, per gestire il quale occorrono manager che siano prima di tutto colti, ma allo stesso tempo esperti in attività propriamente manageriali. È difficile che in un’unica persona siano concentrate tutte queste competenze, anche perché in Italia è poco curata la formazione al riguardo. Per questo motivo, per gestire manifestazioni di grande portata come la Biennale di Venezia, si ricorre a professionalità provenienti dall’estero.
 
Half-insider, quelli che si possono considerare del luogo ma in realtà non lo sono in modo stabile. Possono senz’altro essere  considerati gli alleati più preziosi. Fra gli half-insider c’è il turista affezionato al luogo, che torna tutti gli anni. Attualmente la tendenza del marketing degli alberghi migliori è quella di evitare la fidelizzazione. Ciò è in parte dovuto al fatto che il cliente abituale tende ad essere sempre più esigente. Si cercano dunque clienti sempre ottimi, ma non fedeli. Del resto va considerato che l’ottimo turista difficilmente torna sempre nello stesso posto, se non a distanza di molto tempo. Fra gli half-insider ci sono, oltre agli appassionati del luogo, anche i consulenti, che seppur spinti da ragioni professionali ad occuparsi di un determinato territorio, spesso vi si appassionano. Si possono annoverare in questa categoria anche quelle autorità superiori (Regione, Provincia, ecc.) che sono “alleate” del territorio e concorrono così al suo sviluppo.
 
Esistono, poi, gli half-outsider di un luogo, quelli, cioè, che incidono su un luogo dall’esterno (a volte con un atteggiamento per qualche motivo ostile). Possono essere annoverate in questa categoria le autorità superiori (Regione, Provincia) che assumono atteggiamenti per qualche motivo ostili. A questa si aggiungono anche i comuni circostanti, con i quali possono generarsi forme di contrasto o rivalità.
 
Infine ci sono gli outsider completi, rappresentati dai turisti di massa, che non portano ricchezza. La loro maggiore o minore presenza sul territorio è dovuta, come si diceva, a ciò che un luogo decide di offrire. Alcune realtà selezionano, attraverso una particolare offerta, un turismo meno numeroso ma di qualità.
 
Due esempi di sviluppo locale.
 
Lo stato di Santa Catarina in Brasile.
È una località molto simile per caratteristiche fisiche al territorio in cui si trovano Sezze Romano, Sermoneta e Norma. È come un’enorme Umbria, con una superficie doppia rispetto a quella dell’Italia, con 8.500.000 abitanti, con un clima simile al nostro.
Questo Stato aveva perseguito un’industrializzazione crescente e, quindi, una politica che attirasse fabbriche. Poi si è decisa una politica che procedesse nella direzione opposta, e puntasse invece all’espulsione delle fabbriche.
Oggi qualunque attività manifatturiera viene fortemente disincentivata, mentre le attività del terziario (enti di formazione, università, sale cinematografiche, redazione di riviste, provider, ecc) godono di incentivi che sono fra i più alti al mondo. Anche il numero di italiani che decide di investire in questo Stato è in crescita.
A Santa Catarina, il genius loci sta puntando sulla valorizzazione dei bellissimi paesaggi, che sono distribuiti lungo chilometri di coste e su circa trecento isole. Per tutelare questo immenso patrimonio, è stata introdotta, fortunatamente quando ancora l’edilizia selvaggia non aveva inciso molto, una normativa rigida sulle costruzioni. Le coste hanno pertanto ancora l’aspetto che la natura ha conferito loro.
Per promuovere lo sviluppo è stato necessario puntare su qualcosa. In base ad una vocazione forte del territorio brasiliano, si è deciso di scommettere sulla danza popolare. Ci si è accordati sulla volontà di non creare nulla ex novo ma, grazie anche alla globalizzazione, di prendere tutto là dove già c’era. Così, grazie anche ad un grande accordo con il Bolšoj di Mosca, questo ha trasferito nello Stato una scuola di danza che ora è più grande di quella di Mosca. È l’unica scuola al mondo che può fornire interi corpi di ballo, compresa la direzione, la sartoria ecc. Accanto a questo è nato un grande festival mondiale. Ogni anno arrivano più di diecimila ballerini da tutto il mondo e di tutti i generi di danza, e questo ha dato impulso al turismo di qualità, a cui le strutture e le scuole si sono adeguate. Lo sviluppo dello Stato è stato immenso, e soprattutto non inquinante.
 
Ravello
Un altro esempio peculiare è offerto dalla città di Ravello. La costiera amalfitana è già abbastanza sviluppata. I paesaggi, sicuramente molto belli, sono però di dimensioni ridotte. Proprio a causa della carenza di spazio a disposizione, il problema non è quello di aumentare il numero di turisti, ma di avere turisti di maggiore qualità. Per far ciò è necessario che l’offerta sia adeguata e, a sua volta, di qualità.
La città ha puntato sul Festival Wagneriano, con una fondazione che ha una dotazione annuale di circa cinque miliardi (in gran parte provenienti da investimenti privati). In un paese di 2500 abitanti è indubbiamente un grande evento. Anche in questo caso è stato il genio imprenditoriale singolo a trasformare un breve soggiorno di Wagner in città in una manifestazione di grande qualità.
Certo un evento di questo tipo porta con sé inevitabilmente problemi  notevoli di organizzazione. In genere intorno ad un festival come questo lavorano stabilmente una quarantina di persone, che d’estate diventano anche 150. Il movimento continuo di artisti provenienti da diverse parti del mondo genera un osmosi molto forte fra culture diverse, creando integrazione culturale e sviluppo.
Ovviamente una città non può vivere solo nei mesi estivi in cui si svolge il festival. Per questo motivo si sta seriamente pensando di aumentare le giornate dedicate a questa manifestazione (attualmente novanta), sfruttando anche i periodi invernali. È però necessario creare allo scopo delle strutture chiuse ma i problemi e le difficoltà non mancano. Il progetto della costruzione di un auditorium si è scontrato, oltre che con ritardi burocratici, con rimostranze di chi ha visto in quella costruzione una deturpazione dell’ambiente circostante, nonostante la scelta del luogo sia stata accurata proprio per rivalutare una zona già scempiata dalla speculazione edilizia, e non per danneggiarla.
 
In conclusione si può certamente affermare che l’età postindustriale è un’occasione straordinaria per il Centro-Sud, in quanto fondata su attività più adatte alle sue vocazioni di sviluppo. Le attività richieste in quest’età, infatti, sono meno invasive e inquinanti, meno “devastanti” per un territorio di quanto lo fossero quelle industriali. È uno sviluppo che punta sulle bellezze naturali e storiche, su convivialità e ospitalità che sono caratteristiche tipiche appunto del Centro e del Sud. I vertici politici in ambito locale cominciano fortunatamente ad acquisire consapevolezza su questi temi.
Pertanto è fondamentale che tutti i soggetti che a vario titoli incidono sulla vita di un territorio siano formati adeguatamente a portare avanti e sostenere questa strategia che per il Centro e per il Sud sembra l’unica veramente vincente.
 
In tutto questo che ruolo ha il consulente?
Lo sviluppo di un territorio dipende strettamente dalla strategia che si decide di perseguire, e questa strategia nasce da poche idee portanti. La strategia di Verona ad esempio punta quasi tutto sull’Arena. La strategia di Venezia è invece basata su sette cose, fra cui la Biennale cinema, la Biennale arte e la Fenice. In realtà è bene che un territorio non punti tutto su un unico fattore di sviluppo, ma su una rete di poche cose, perché si abbia poi la possibilità di propagandarle tutte.
Nell’intuire cosa fare ci vuole un colpo di genio, ma spesso è lo stesso territorio a suggerire come muoversi. Il caso del festival di Ravello è emblematico. Ci sono otto sezioni, ognuna dedicata ad un personaggio (come Lorenz, Wagner, Greta Garbo, Boccaccio), che ha vissuto a Ravello o che da lì ha tratto ispirazione.
Bisogna considerare che anche le zone di Sperlonga, Sabaudia, Norma e quelle circostanti annoverano nella storia presenze indubbiamente illustri, che possono ispirare manifestazioni o eventi vari, considerando anche che il punto di forza di questo territorio è proprio il turismo. Da questi elementi si può partire per ideare una manifestazione o un evento particolare.
 
In tutto questo movimento bisogna tener conto di due fenomeni stanno producendo attualmente i loro effetti.
Uno è la concorrenza forte, a livello turistico, di realtà orientali e della ex Jugoslavia. L’altro è rappresentato dalla crisi delle università. Questa crisi ha generato una domanda straordinaria di “università invisibili”, che stanno godendo di una fortuna enorme. Una di queste è senza dubbio la terza rete radiofonica, che ogni giorno registra un numero elevato di ascoltatori. Un’altra grande università invisibile è costituita dai festival, e ciò è attestato anche dai numeri: 250.000 persone al festival della letteratura di Mantova, 25.000 al festival rossiniano di Pesaro, 30.000 al festival di Spoleto.
 
Un esempio caratteristico è quello di Giffoni Vallepiana, in cui diciotto anni fa, dalle proiezioni di film in aula da parte di un maestro di scuole elementari, nacque l’idea del festival del cinema per ragazzi e della città del cinema. Attualmente Giffoni vive di questo festival. Quasi tutto il doppiaggio del cinema per ragazz,i in qualunque lingua, viene fatto a Giffoni.
 
È indubbio che i festival o le manifestazioni che poi risultano vincenti per un luogo nascano dalla fortunata coincidenza di qualcuno che ama quel luogo e allo stesso tempo porta idee di sviluppo, ma i fattori che entrano in gioco sono in realtà molteplici.
Un fattore determinante è il sindaco del paese che, per i suoi poteri, magari non può aiutare molto, ma sicuramente può ostacolare. È importante soprattutto che un sindaco sia colto, appassionato del suo paese e che abbia una buona presentabilità a livello nazionale e internazionale.
Ma non basta una sola persona. Spesso occorre anche trovarsi in una congiuntura politica favorevole, in cui, ad esempio, ci sia accordo tra le autorità di Comune, Provincia e Regione.
È importante anche la presenza di fondazioni che magari si avvalgono di consulenti o produttori. In questo modo si garantisce meglio l’imparzialità, anche politica, di tutta l’organizzazione.
Fondamentale è infine la forza economica, che in genere i comuni non detengono. Con il ricavato dei biglietti, anche nel caso di un festival che registri il tutto esaurito, spesso non si coprono i costi. Il contributo della Regione e della Provincia viene in genere erogato con un ritardo notevole, mentre va considerato, ad esempio, che un’orchestra va obbligatoriamente pagata in questi tempi: il trenta per cento al momento del contratto e il saldo fra il primo ed il secondo tempo del concerto. Per questo è importantissimo avere degli sponsor privati, che forniscono immediatamente il loro contributo. Utilissime anche le sponsorizzazioni tecniche, che non pagano in denaro ma forniscono contributi specifici in relazione all’attività che svolgono. Un grande direttore di festival conosce tutte queste cose, ed in più tutte le problematiche relative alle tasse. Per questo i pochi grandi direttori sono contesi dai festival di tutto il mondo.
È importante, dunque, per un territorio cogliere immediatamente le occasioni prodotte da coincidenze favorevoli, per evitare che svaniscano nel giro di poco tempo, aggiungendosi così alle molte altre occasioni perdute.


 

 
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