C’è qualcosa di drammatico nel discorso di Morin. Il primo dramma riguarda il rapporto tra realtà e comprensione, lui ha la pretesa di non aver capito niente di questo dramma: tra che facciamo e perché lo facciamo. Per noi tutti è difficilissimo capire. Noi ci troviamo in un contesto che in qualche modo ha travolto le nostre abitudini, la nostra cultura, i nostri modi di fare, però non ce ne rendiamo conto quando parliamo delle esperienze fatte sul territorio, ce ne rendiamo conto quando ci troviamo di fronte a quelli che imprecano. La seconda cosa sono i tre assi di cui ha parlato, uno era l’educazione, l’altro, l’istituzione e infine, il terzo, la qualità della vita. Se noi guardiamo l’istituzione che deve cambiare il suo ordinamento che era verticale e deve diventare orizzontale, questo è quello che fa la formazione-intervento, perché deve trasformare il verticale in orizzontale; non perché sia buono il verticale o l’orizzontale. Credo però che la pubblica amministrazione, se è stata pensata per costruire delle cose, è fatta in modo verticale. In un mondo che sta cambiando così orizzontalmente non può più reggere una cosa che porta ai governanti, ma non porta a persone, quindi c’è la necessità di avvicinarsi ai cittadini. Quello che la metodologia della formazione intervento fa è di far provare alla gente a cercare quello che serve a loro, allora questo elemento dell’esperimento, che a guardar bene, è il fondamento della civiltà occidentale, questo elemento che sta nella scienza, ma sta nel sociale, è un elemento quasi rivoluzionario, quasi rivoluzionario se viene usato, perché quando lo si va ad usare ci sono tutte le strutture costruite sull’impostazione verticale. Questa è un’altra contraddizione fortissima. Infine c’è la dimensione della vita, di quale debba essere la qualità della vita. Anche qui ognuno la sceglie, ma sempre più importante diventa la qualità della vita dei cittadini e questa deriva anche da quei servizi anche minimi che l’amministrazione dà loro. La rivoluzione dell’etica è soltanto che se ad un certo punto stabilisci di fare delle cose e darle a qualcuno devi farle fare. Quindi trovo il discorso di Morin in una coerenza fortissima con il discorso della formazione-intervento, in realtà c’è una complicazione della realtà, perché la realtà è diventata più complessa. Come metto l’islamismo accanto al cristianesimo, ad esempio? Allora c’è questa grande complessità come quella del territorio su cui bisogna intervenire e la formazione-intervento sembra una metodologia adatta per far parlare la gente e per spingerla a progettare il cambiamento.
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